Storia del Palazzo di Giustizia

Vicende della fabbrica

La nuova imponente opera era, dunque, ormai varata, ma occorreva che essa fosse contenuta in un particolare spazio urbanistico, per mezzo del quale si potesse accedere, con strade atte a sopportare un traffico maggiore, agli uffici della Giustizia, tutti ivi concentrati. La difficoltà delle comunicazioni tra la zona prescelta e il centro, dovuta a vie anguste e tortuose, doveva, infatti, essere superata, in modo da permettere al corso di porta Vittoria - uno dei più ampi della città, con i suoi trenta metri di larghezza - di svolgere la sua funzione nei riguardi del traffico e di giovare, nello stesso tempo, alla circolazione del quartiere. Si provvide così ad allargare la via S. Pietro in Gessate - ora Cesare Battisti -, si sacrificò il palazzo del Luogo Pio Trivulzio, che ostruiva il passaggio tra il corso e il Verziere, si allargò la via dell'Arcivescovado con le demolizioni comprese tra piazza Fontana e il Verziere stesso, offrendo in questo modo convenienti accessi all'erigendo Palazzo di Giustizia, e trasformando completamente il quartiere di incrocio tra il Naviglio - ora coperto, il Verziere e via Durini. Per essere in armonia con la nuova costruzione vennero influenzati, infatti, i fabbricati circostanti, come la casa del mutilato, eretta su progetto di Luigi Secchi, ingegnere dell'ufficio tecnico comunale, o i due edifici ai lati del Palazzo, l'uno dell'architetto Cesare Donini e l'altro dell'architetto Giovanni Muzio. Fu appunto per inserire la nuova opera in una zona di particolare decoro urbanistico, che vennero approvati successivamente il piano regolatore del 1932 e una sua variante nel 1939.

Corte di Appello